Faccia a faccia con Sgamo

Negli scorsi giorni vi abbiamo presentato uno dei volti più interessanti dei club milanesi. Dopo il fantastico dj-set che venerdì 17 gennaio ci ha regalato ad OVRTM, Sgamo ha fatto due chiacchiere co noi riguardo la sua vita, la sua musica e le sue aspirazioni.

Ciao Alessandro, sappiamo che vieni dalla Puglia ma da tempo sei lontano da casa. che rapporto hai con la tua terra e la tua infanzia?

Con casa mia, la Puglia, ho un rapporto di amore-odio. Non vengo dalla Puglia soleggiata che tutti immaginano, il mio quartiere era un posto complicato e Bari in quegli anni non era ricca di persone aperte mentalmente e musicalmente. Ma credo tanto in quel posto, sono sicuro che le cose stiano cambiando, magari aiuterò anche io a cambiarle… anche questo è amore.

Da Bari a Milano il percorso non deve essere stato sempre semplice, come hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?

Ho preso in giro tante persone, non solo in Italia, perché ero sicuro di essere in grado di fare quello che poi sto facendo. Nel momento in cui ho preso in giro nella maniera più assurda il primo disposto a pagarmi un sacco di soldi, ho capito che era il momento di andare a Milano.

Nella tua musica si incontrano, in una forma armonica, diversi generi, ma il tuo primo amore è stato il rap. Cosa ti ha spinto a cercare qualcosa di diverso?

Mi sono innamorato del rap quando avevo circa 13-14 anni, quindi parliamo del 2004. Ad un certo punto, nel 2010, mi sono reso conto che iniziavano ad uscire canzoni tutte uguali, andavo alle feste e mi annoiavo, mi sembrava di ascoltare sempre la stessa canzone, non solo per quello che riguarda la musica americana, ma anche italiana. Senza mancare di rispetto, ma anche artisti come Vacca e i Two Fingerz in quegli anni facevano canzoni discutibili, e io non ero più stimolato. Contemporaneamente, su altre piattaforme tipo i blog di musica, passavano suoni completamente diversi, e ho iniziato a fare un focus su quelli, ad integrarli, e mi sono allontanato dal rap. Poi il rap grazie a dio è tornato, ed è nata questa fusione.

Qual è stata la prima volta che hai pensato “ok, ce la faccio”?

Eh, “Ok ce la faccio”? probabilmente l’ho pensato una sera alla festa a casa di un amico con cui ora non parlo più. Ho suonato per cinque o sei ore di fila, passando per qualsiasi genere, e ho visto tutti impazzire.. non oso immaginare con cosa oltre la mia musica (ride) ma li ho pensato “cazzo, sono in grado, lo so fare”.

Quello che tutti indistintamente ti riconoscono in questo settore è l’essere riuscito a costruirti da solo quello che hai, senza agenzie o grandi realtà a manovrare i fili per te. Ma lavorare da soli, e rendere conto solo a se stessi, si può anche riverlare un arma a doppio taglio. E’ così?

Beh, non ti invito a farti un giro nelle mie paranoie. Sei li che un giorno dici “ok questa roba ti frutta dei soldi”, e quindi investi su te stesso e continui a farlo per lavoro, poi però arrivi che la notte non dormi perchè pensi “ma io non volevo farlo per i soldi, volevo farlo per la creatività”.. e cambi di nuovo. Ma i soldi non arrivano e torni a pensare che era meglio farlo per i soldi. E’ così, è un loop.

Se riaprissi gli occhi ora e fosse il 17 gennaio di dieci anni fa, cosa cambieresti?

Beh in quel momento non ero già più vergine, quindi di quel passaggio non cambierei nulla. Probabilmente del percorso cambierei qualcosa, ma se non sbagli non impari. Nel 2010 ancora non pensavo di poter fare dei salti, camminavo a basta, a volte più veloce, a volte più piano. Si forse se potessi cambiare qualcosa sarebbe il posto in cui ho iniziato a suonare, ma da Bari non potevo sapere delle realtà decisamente più interessanti che già esistevano. Quindi va bene così.

E guardando avanti invece, il 17 gennaio 2030 tra le tue mani c’è sempre una console?

Magari più di una, non lo so. Nel 2030 secondo i miei piani, boh, magari avrò finito di pagare la casa che voglio comprare, magari non avrò necessità di suonare così tanto e mi sarò aperto qualche porta all’estero. Ma se non faccio sta roba non so che altro fare, a me non piace parlare con la gente, suonare è il mio modo di interagire con gli altri. Quindi si, fatemi suonare fino alla morte.

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